S. Messa vittime COVID Diocesi. Omelia del Vescovo

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Santa Messa in suffragio di tutti defunti nel tempo della pandemia del Covid19 Arena Mennea – Quartiere Martiri 23 giugno 2020 – ore 18 ARIANO IRPINO (Avellino)

Il Signore stese la mano

e mi toccò la bocca,

e il Signore mi disse:

«Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca.

(Geremia)

Cari fratelli e sorelle, cari sacerdoti, stimate autorità civili e militari, volontari, benvenuti nella nostra bella e accogliente città, che ha vissuto con responsabilità e generosità la difficile congiuntura della pandemia del Covid19,

stasera vogliamo chiederci che cosa vuole dirci il silenzio di Zaccaria? Che l’attesa di un popolo non è si fatta chiara fino quando il messaggio di Cristo non irrompe nella vita. Tutto appare chiaro solo quando sta per arrivare l’Atteso.

Il dischiudersi delle labbra di Zaccaria alla nascita di Giovanni Battista è come sollevare il velo sulla passione di Cristo. Una passione che abbiamo rivissuto anche noi nella pandemia, una via dolorosa per approdare al tempo tanto atteso della Resurrezione.

La redenzione è la ragione del nostro incontro di preghiera per i fratelli defunti e per le nostre comunità, affinché il Signore alberghi nella vita e ci faccia vivere da risorti!

A Giovanni, che preannunziava il Signore, fu chiesto: «Chi sei tu?» (Gv 1, 19). E rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1, 23). Voce è Giovanni, mentre del Signore si dice: «In principio era il Verbo» (Gv 1, 1). Giovanni è voce per un tempo limitato; Cristo invece è il Verbo eterno fin dal principio. Questa voce vogliamo ascoltare, senza disperderci in tanto vociare.

Ripercorriamo con la memoria del cuore l’accaduto e serbiamo i volti delle persone che nel silenzio, da lontano abbiamo accompagnato senza abbracciarle verso l’ultimo viaggio. Tutto questo ci carica della responsabilità di rianimare la memoria e fa appello a tante storie fatte di dedizione e di sacrificio.

Tutto ciò è accaduto nel tempo ed è questo il tempo, per avere coraggio per andare oltre sia pur fra le incertezze.

È la ragione del cuore, delle persone, delle vicende che abbiamo vissuto che lo esige.

È la ragione delle domande sul senso della vita, del dolore, del nascere e del morire.

Interrogativi che sono risuonati nei cuori, in giorni vissuti nel silenzio e nella solitudine, tra le mura di casa o dell’ospedale.

La preghiera ci è stata di salutare conforto: «In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso… Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia…» (Salmo 70).

Giorni dai respiri affannati, di stati d’animo che si sono incrociati con grovigli di fragilità e di sofferenze inattese, inaspettate.

Ci si è riscoperti uomini deboli anche per una serie di concause che hanno inciso nella nostra socialità.

Siamo oggi richiamati dalla Parola di Dio, che dice che questo è tempo di annuncio, tempo di apostoli «di coloro che ci hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo». (prima lettera di Pietro)

Va colta una supplica dagli sguardi irrorati da lacrime, da emozioni e anche dalla gioia di un incontro tanto atteso.

Questo annuncio di redenzione è cardine dei pensieri, e degli affetti più veri a livello ecclesiale, sociale, per la nostra città di Ariano, per i nostri territori, per i nostri paesi, per tutta la diocesi … con un impegno che deve accomunarci per vivere e, con le nuove generazioni, in un territorio bellissimo.

Siamo uomini, che come corsi d’acqua fluiscono in egual modo ed è dovunque la stessa acqua, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora limpido, ora torbido, ora freddo, ora straripante.

Questa è la varietà del flusso delle passioni di un’umanità tra i nodi stretti della storia. Abbiamo, però, la possibilità di proseguire nel viaggio con la lampada della fede, alla ricerca di una via d’uscita, di un sentiero che possa accorciare le distanze, per aggirare il trambusto che ci attraversa.

La via è quella tracciata da Giovanni Battista per accogliere il Salvatore del Mondo. Con la determinazione di percorrerla per comprendere la natura delle cose, per ritrovare noi stessi, per afferrare quel desiderio di infinito che spinge l’uomo oltre i suoi limiti. Questi fratelli che sono morti, ce lo ricordano sempre.

Tutto il flusso magmatico dei sentimenti ha messo in luce il sentirci prigionieri di paure che hanno inciso nella carne viva delle relazioni.

L’ho avvertito, dall’ascolto, dal respiro di chi ha sofferto, lo visto in occhi spauriti, con i sacerdoti questa sera consegniamo tutto al Signore nella preghiera perché ci illumini il cammino da affrontare.

Abbiamo l’arduo compito di “cambiare” il mondo, di riservare uno spazio spirituale e di riflessione per ricostruirci dentro, ricollocandoci nel flusso della Grazia, evitando reticenze e riconoscendo i nostri limiti, il nostro peccato.

Le relazioni vanno perciò ricomposte con gioia, con speranza, di una salvezza che ci giunge dagli ultimi, i poveri.

A loro dobbiamo dare ascolto e tendere la mano, risollevarli, con cultura e pane, lavoro e futuro.

Per poter avviarci su questa strada dobbiamo essere amici in una fraternità sincera.

La lezione è di aver a cuore la vita degli altri e, solo in questo modo, possiamo avere a cuore anche il nostro personale futuro, il nostro comune destino, senza sfilacciare la trama del tessuto umano in questa dolce terra dimezzo, una trama incisa nei volti operosi dei tanti fratelli che ci hanno lasciato.

Ci attende un cammino da fare con un altro sguardo ma, sempre con il tenace passo della nostra gente, senza bagagli di precomprensioni e di pregiudizi.

Riabitare in questo modo le nostre comunità, sapendo che Dio è con noi lungo la via, ci parla cuore a cuore – cor ad cor loquitur – e su questa strada di ritorno a Lui che generiamo un ritorno a noi stessi e, pur con responsabilità diverse, abbiamo tutti a cuore il futuro della nostra gente.

Tracciamo la strada al Signore che viene accogliendo con fede il messaggio di san Giovanni Battista che nel tempo «venne per rendere testimonianza alla luce e preparare al Signore un popolo ben disposto» (Vangelo di Giovanni).

Sia lodato Gesù Cristo.

+ Sergio, vescovo

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