Giornata Pro Episcopo: Omelia di S. E. Mons. Sergio Melillo

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Ariano Irpino  – Basilica cattedrale

Anniversario dell’Ingresso in Diocesi

9 Agosto 2024

Carissimi fratelli e sorelle,

il Vangelo stasera ci lascia attoniti, quasi senza fiato. «Ma Egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”». È difficile prendere la parola dopo una chiusura così dura e dolorosa. Non ce lo saremmo aspettati.

Forse, l’immagine che ci siamo costruiti di Dio ci aveva fatto ipotizzare un finale diverso: «Non vi preoccupate, entrate pure, fa niente».

La parola di Dio è una spada a doppio taglio, che ferisce l’anima e la divide e questo taglio lo andiamo sperimentando nel cammino insieme.

Non vorremo mai sentirci dire «Io non vi conosco»; e forse, se fossimo stati al posto delle cinque vergini sagge che erano riuscite ad entrare, avremmo timidamente protestato: «Signore, non essere così duro, fai entrare anche loro».

La parabola non ce lo racconta, e quindi non sappiamo cosa sarebbe successo se le vergini sagge avessero protestato così – se avessero interceduto per le altre sfortunate.

Non lo sappiamo, ma è importante poter credere che qualcosa sarebbe cambiato, che qualcosa avrebbe smosso il cuore del Signore, “almeno per l’insistenza”, come dirà Gesù altrove, parlando della preghiera di intercessione.

Nel nostro tempo, in un mondo che fa ritorno al paganesimo, il cristianesimo  esige che si risalga alla propria sorgente, perché l’abbandono dell’ideale cristiano scopre un vuoto che non può essere riempito d’altro perché solo Gesù è la vita e la sua assenza è mortale per tutti coloro che si rifugiano nell’ebrezza e nella sonnolenza dello spirito quasi a dire: “voglio dormire! Dormire piuttosto che vivere in un sonno soave come la morte” (Charles Baudelaire).

La preghiera ha un’ enorme potenza sul cuore di Dio. Dunque non stanchiamoci di intercedere per i nostri fratelli vicini, per quelli più lontani, per ogni persona amata dal Signore; chiediamo : «Signore, non lasciare nessuno fuori. Non chiudere la porta fin quando non saranno arrivati tutti, chi è in orario e chi è in ritardo. Non escludere nessuno dicendo: “Non vi conosco”».

Ma c’è un particolare nella parabola raccontata da Gesù, su cui è bene soffermarsi. Ci sono dieci vergini, c’è uno sposo che arriva, ma nella storia sembra mancare la sposa: non compare neanche nel banchetto di nozze che si apre a porte chiuse. In realtà, tutte le dieci vergini sono promesse spose, destinate all’unione con Lui; ed è qui la tragedia più grande: che alcune di loro restano per sempre fuori. Gli è negato per l’eternità l’amore.

È questa, cari fratelli e sorelle, la grande tragedia dell’uomo: che si può perdere per sempre.

Teresa Benedetta della Croce, nella sua esperienza umana, ha avuto questa paura, ha compreso che questa sarebbe stata l’unica grande perdita della sua vita.

Ha compreso che se avesse guadagnato tutto nella vita ma avesse perso Lui, in definitiva avrebbe perso tutto; e che se, al contrario, avesse perso tutto ma avesse guadagnato Lui, avrebbe guadagnato tutto.

Perciò lascia che si realizzi in lei la promessa del Signore: «Ti farò mia sposa per sempre». Scrive Teresa: «È il cuore amante del tuo Redentore che ti invita alla sequela. Le braccia del crocifisso sono distese per attirarci fino al suo cuore».

Si lascia attirare «nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza» e ancora «nella fedeltà», come abbiamo ascoltato dal profeta Osea.

Cari fratelli e sorelle, da nove anni ogni giorno il Signore mi dona di scoprire, per piccoli passi, di errore in errore, di misericordia in misericordia, cosa significhi essere vescovo tra voi e con voi.

È il mistero di una chiamata ad una paternità che non comprenderò mai pienamente, e che vi chiedo di sostenere con la vostra preghiera, coprendo con misericordia le mie fragilità.

Quello che la parola di Dio mi suggerisce molto è che la vocazione del vescovo sta nel preparare il gregge che gli è affidato ad essere sposa; aiutarlo a sentire il cuore del Redentore che invita alla sequela, come ha invitato Santa Teresa; appendersi alla Croce, alle braccia di Cristo aperte per attrarci al suo cuore nella fedeltà, nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza.

Il compito del vescovo è di vegliare, mentre la stanchezza pesa e gli altri si addormentano, perché a mezzanotte sia pronto a svegliare tutti gridando: «Ecco lo sposo! Andategli incontro!».

Il più grande fallimento di un vescovo sarebbe se qualcuno di quelli che gli sono affidati non si svegliasse per l’incontro o addirittura restasse fuori, privato per sempre dell’Amore del Signore.

Pregate che io sia all’altezza di questa vocazione; che io sappia –  grazie all’aiuto dei nostri sacerdoti – vegliare per sapervi preparare all’incontro con il Signore che viene, mantenendovi fedeli a Colui che ci ha amati per prima,  avendo la forza di “stare davanti a Dio per tutti”.

Interceda per me, e per tutti noi, Santa Teresa Benedetta della Croce, che seppe essere fedele «fino alla morte all’eterna alleanza d’amore, sigillata nel sangue del Tuo Figlio per la salvezza del mondo».

Interceda la Vergine Maria, donna dell’attesa, perché ci aiuti a tenere sempre vivo l’olio del desiderio e della speranza, nell’attesa della Sua venuta.

Amen.

+Sergio, vescovo

Diocesi <br>Ariano Irpino - Lacedonia

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