I giovani si affidano alle loro famiglie: gli esiti del questionario diocesano

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La Chiesa è giovane quando «è sé stessa – scrive Papa Francesco nella Christus Vivit – quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell’Eucaristia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. È giovane quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte» (CV 35).

Il tempo della pandemia che ha segnato la vita delle nostre comunità parrocchiali, e che ancora le segna, ha inciso fortemente anche nella spiritualità e nella psicologia dei nostri giovani. Come Chiesa dobbiamo essere ancor più disponibili adesso a essere attenti ai segni dei tempi, lasciandoci rinnovare nella nostra prassi pastorale.

Credo che essere capaci di stare vicini ai nostri giovani e ai ragazzi è una priorità fondamentale. Emerge questo tra gli altri dati importanti, nel questionario sottoposto ai nostri giovani; è necessario essere Chiesa accanto che li sostenga e incoraggi. È questa la sfida che anche i parroci hanno colto nel questionario loro dedicato, vivere un rapporto personale che segni il tempo di fiducia e di speranza.

Il Sinodo dei giovani dal quale venivamo fuori prima che iniziasse la pandemia, ci aveva insegnato a essere fondamentalmente Chiesa in ascolto e mai come in questo tempo si fa necessario e continuo il bisogno pastorale di esserci per i nostri ragazzi, aprendo innanzitutto loro il cuore e la mente, con una disponibilità che sia libera da qualsiasi prospettiva di propaganda o di proposta. La nostra fede è accompagnamento, lo è la nostra paternità spirituale, che già in sé parla della Paternità di Dio.

Il questionario che come Pastorale Giovanile Diocesana abbiamo somministrato tra le parrocchie e fuori di esse, è un primo elemento utile a capire la condizione giovanile nella quale il nostro territorio si trova, ma anche per individuare tra i giovani potenzialità da incoraggiare o debolezze da sostenere. Siamo certi infatti che «questa empatia la arricchisce, perché «consente ai giovani di donare alla comunità il proprio apporto, aiutandola a cogliere sensibilità nuove e a porsi domande inedite» (CV 65).

Il cammino che ci attende è ancora lungo e ci saranno altri momenti di approfondimento. Rimane interessante un dato tra tutti che è emerso: il giovani hanno trovato nelle famiglie il principale punto di riferimento, a cui si affiancano anche altre istituzioni educative e tra queste proprio la Chiesa.

Importante prospettiva di ulteriori analisi e progettazione futura per le pastorali diocesane.

Per il momento, in attesa di elaborare completamente i dati dei due questionari somministrati e lasciare che la diocesi li pubblichi in un più ampio studio della Caritas sulle povertà, ne lasciamo ad un nostro attento collaboratore sociologo una prima lettura, competente e incisiva, già utile per una prima sintesi pastorale.

Più avanti proveremo a chiederci cosa fare come Chiesa e se, come dice il Papa, «avere l’umiltà se dovessimo renderci conto che alcune cose concrete devono cambiare, e a tale scopo ha anche bisogno di raccogliere la visione e persino le critiche dei giovani» (CV 39).

Tutta la Chiesa deve preoccuparsi di loro, delle loro vite e della loro serenità nella crescita, questa è la missione di ciascuno dei battezzati, «è l’intera comunità che li evangelizza» (CV 202).

Don Daniele e i giovani di casa nostra

Analisi a cura del dott. Massimiliano Santosuosso

Un tempo per riflettere

L’attualissima emergenza sanitaria ha condotto le fasce più giovani della popolazione, già alle prese con una serie di sfide e contraddizioni esterne e interne, a vivere questo tempo sospeso con profondo senso di smarrimento e inquietudine. Come hanno reagito bambini, adolescenti e giovani al Lockdown?  Un evento così straordinario, che impatto avrà nella testa di ragazzi poco più che adolescenti? Aver perso, da un giorno all’altro, la scuola, gli amici, gli abbracci, la socialità quali conseguenze e quali bisogni sta portando alla luce? Stiamo forse scoprendo una generazione molto diversa dagli stereotipi che spesso le si affibiano?

Alla luce di ciò, è necessario per la Chiesa ri-esaminare il modo in cui pensa, si confronta e si impegna con e per i giovani, alle prese con pesanti ripercussioni sul fronte educativo, socio-culturale ed emotivo – e in molti casi anche economico- ai quali la pandemia ha condotto.

Il presente lavoro intende essere una sintesi, un indicatore, attraverso cui identificare quali sono i bisogni, le aspettative dei giovani attorno al concetto di “chiesa”. Vuole essere uno strumento, una bussola che miri a una maggiore comprensione di adolescenti e giovani ai tempi del Coronavirus.

Ma al contempo mira ad analizzare in che modo la Chiesa intenda coagulare la popolazione, con quali strumenti assolvere la sua funzione educante, e soprattutto come leggere i bisogni – emotivi e materiali – di una comunità messa in ginocchio dall’epidemia.

La presente è concepita come una sintesi di un’indagine condotta sui giovani e sui parroci della Diocesi di Ariano Irpino – Lacedonia, attraverso la somministrazione di un questionario strutturato a risposta aperta.

L’indagine si snoda secondo due direzioni:

  1. la prima intende leggere e riflettere su come i giovani vivano questo tempo sospeso: dalla convivenza forzata con il virus alla quarantena, dal cambiamento delle abitudini alle trasformazioni nei riti, nell’organizzazione familiare e scolastica, dall’isolamento alle realtà virtuali, dai bisogni alle aspettative post Covid;
  2. la seconda intende indagare come la Chiesa si sia in parte re-inventata per restare accanto ai fedeli e, più in generale, per far sentire la propria presenza in ambito comunitario, per continuare ad essere veicolo di fede e speranza.
  3. BRAIN STORMING – Un ascolto libero dei giovani verso l’organizzazione, la progettazione e la ri-valutazione delle relazioni, degli incontri, degli spazi………parrocchiali.

La lettura dei sentimenti, delle emozioni e dei comportamenti giovanili nel periodo pandemico fornisce una descrizione di tali soggetti orientati prevalentemente a condizioni di riflessione, propensione al positivo e rispetto delle norme anti contagio.

Considerazioni precipue inducono a ritenere fondante – secondo la loro visuale – l’incontro con l’altro, l’ascolto e l’empatia, la disponibilità ad essere moltiplicatore delle dinamiche amicali giovanili e comunitarie.

Il valore della struttura Chiesa viene interpretato quale ambiente volto ad accogliere le esigenze, i bisogni, le caratteristiche della popolazione giovanile di riferimento. In tale ambito appare evidente la centralità dell’interscambio e dell’interrelazione – giovane -parroco – al cui contributo partecipano in egual maniera entrambi i soggetti interessati.

Quale ulteriore spunto di costruzione per l’attivazione di iniziative parrocchiali, nevralgico è l’apporto giovanile. Le fasce più giovani della popolazione veicolano un presente che l’emergenza sanitaria ha cristallizzato, ha sospeso, nell’attesa che arrivi quel tanto agognato post Covid.

I risultati della presente indagine fanno emergere tutta l’incertezza generata dall’anno zero di questo nuovo tempo. Un tempo in cui ci si è abituati alla conta quotidiana dei telegiornali nazionali, ad ascoltare numeri che descrivono il polso della situazione di strade che ormai i giovani hanno smesso di calpestare. Giovani che cercano una sopravvivenza emotiva.

  1. GUARDARSI INTORNO PER SCOPRIRSI DENTRO: immaginare un percorso per ri-avvcinare, motivare, stimolare i giovani alla socialità ecclesiastica. La Chiesa come strumento e osservatorio privilegiato per far emergere disagio e povertà economica ed educativa ma anche per mettere in campo competenze, risorse, doti e qualità innate.

Lo strumento conoscitivo del questionario ha dato luce alle difficoltà attuali e pregresse dei parroci di coagulare la realtà giovanile territoriale. Gli input di cambiamento che potrebbero derivare da un’attenta analisi delle risposte consistono prevalentemente nelle potenzialità di rendere gruppali e giovanili gli incontri presso le strutture ecclesiali.

Tali momenti di condivisione potrebbero possedere caratteristiche ludiche, ricreative ma anche educative e di crescita per i giovani-target. In questo modo potrebbero sempre più diradarsi le diserzioni nei confronti della presenza giovanile nella vita ecclesiastica.

La quotidianità religiosa in sostanza si è dovuta adattare scoprendo il lato positivo dei social, ma anche organizzando raccolte solidali e preghiere on line.

La ricerca ha messo in luce come la vulnerabilità̀ alla povertà̀ assuma due importanti variabili: presenza/assenza della rete sociale di protezione e tempi di assenza/inadeguatezza di introiti economici. Alle difficoltà economiche, si sono aggiunte situazioni di marginalità sociale, che hanno investito per primi “anziani e disabili”. E’ nata la categoria dei “nuovissimi poveri”, “fette di popolazione che prima di allora non avevano avuto nessun contatto con i servizi di protezione sociale.

Nelle parole dei Sacerdoti intervistati spicca il tentativo di vedere, leggere e capire prima i segni dei tempi e delle storie delle persone, per essere capaci di intervenire non solo sull’emergenza ma con una progettualità̀ a lungo termine.

I dati dell’indagine

Il questionario “Un tempo per riflettere” si è posto un duplice obiettivo:

– offrire alle persone più giovani uno spazio di narrazione sulla propria esperienza di fede durante il digiuno dai sacramenti e dalla vita comunitaria;

– mettersi in ascolto delle fatiche, dei desideri, delle risorse spirituali delle famiglie.

I dati raccolti, sotto forma di risposte aperte, offrono uno spaccato di vissuti familiari in cui la fede risulta essere un elemento non opzionale. Un valore, ove possibile, trasmesso e condiviso. Ecco in sintesi i risultati

  1. LE RELAZIONI FAMILIARI

Il questionario è stato somministrato a 104 persone di età compresa tra i 17 e i 36 anni

Il 43% dichiara di non aver sperimentato particolari difficoltà durante la pandemia. Tuttavia, tra quelle citate emergono la fatica a gestire DAD (26%), difficoltà nel rapporto con i GENITORI e con gli Amici (23%), per molti a causa delle restrizioni, tensioni relazionali con il coniuge (14%), malattia o lutti in famiglia (9%), difficoltà economiche (8%), e per qualcuno si è trattato di solitudine, paura o uno stato depressivo.

Esperienze familiari positive

Il 78% ha goduto la bellezza di stare più tempo insieme, coinvolgendo la rete parentale nelle attività domestiche (35%), giocando o dialogando con loro (28%). Il 16% ha apprezzato la possibilità di conciliare famiglia e DAD, altri hanno potuto dedicare più tempo al dialogo con GENITORI e FRATELLI (25%), alla preghiera, alla casa, vivendo con ritmi più lenti e meno frettolosi.

  1. LA DIMENSIONE DELLA PREGHIERA

Coltivare la dimensione della fede ha aiutato a…

La fede ha alimentato la speranza (31%), ha aiutato a custodire la pace interiore (26%), a gestire la paura e l’incertezza per il futuro (20%), a contrastare la tristezza (13%), a dare conforto ad altri (10%).

  1. VICINANZA DELLA CHIESA NEL LOCKDOWN

Ciò che ha maggiormente contribuito a far percepire la Chiesa vicina sono state per la maggioranza le celebrazioni e le riflessioni di Papa Francesco (30%), gli appuntamenti parrocchiali (25%), iniziative diocesane (20%), altre proposte dal web (20%), iniziative promosse da associazioni e movimenti (5%).

  1. PROGETTO #IORESTOACASA

Oltre il 59% degli intervistati ha seguito e rispettato le norme anti contagio mentre il restante ha dichiarato di essersi attivato in prima persona, entrando a far parte di associazioni di volontariato e di protezione civile.

  1. FAMIGLIA CHIESA DOMESTICA SÌ MA NON SENZA COMUNITÀ E SENZA SACERDOTI

La metà degli intervistati conferma di aver fatto esperienza di famiglia come chiesa domestica. Il 28% dichiara di aver vissuto questa realtà marginalmente, il 15% identifica la chiesa fondamentalmente con la parrocchia. Molti hanno sottolineato l’imprescindibilità della comunità e dei sacerdoti.

Cosa ha caratterizzato l’essere chiesa domestica

Tra le 104 condivisioni libere in questo ambito, oltre un terzo indica la preghiera e la messa condivise.

– In alcuni casi si è trattato di allestire un angolo della casa per la preghiera personale e familiare.

– Per diversi l’essere chiesa domestica ha significato sentirsi più uniti (in Cristo), dialogare e riflettere in profondità.

– “Abbiamo sperimentato la presenza di Dio nella quotidianità, nelle piccole cose e nei familiari”,

– “Il desiderio di poter ritornare nella Chiesa non solo domestica”,

– “La comunione, volere il bene dell’altro e la preghiera”.

Condivisioni libere

Un ultimo spazio, lasciato all’eventuale condivisione libera, ha raccolto 42 interventi. Eccone solo alcuni.

– “Il momento che non dimenticherò è Papa Francesco, quell’uomo solo quando si è caricato sulle spalle tutte le nostre paure, sofferenze, e per molti la morte in solitudine, con la Sua preghiera ha rassicurato le persone a non temere perché non siamo soli e Dio non ci abbandona mai. Tutto questo con la preghiera ha aiutato a restare sereni durante le giornate del “io resto a casa”.

– “Ho avuto modo di riflettere sul valore della vita e sulla piccolezza e fragilità dell’uomo”.

– “Ci ha permesso di riflettere su noi stessi”.

– “Ho riscoperto la bellezza della lentezza, del vivere la casa, la famiglia. Ho paura perché non so se vorrò di nuovo essere coinvolta in tutte le iniziative nelle quali ero impegnata prima”. – “Ringrazio Dio di aver potuto gustare questo tempo”

– “Penso che ci sia stato sempre tempo per riflettere, a prescindere dalla situazione di emergenza economica, sociale e sanitaria. Sarebbe una buona prassi quotidiana cercare di comprendere gli avvenimenti, i comportamenti e le emozioni che si vivono”

– “Un tempo per riflettere mi fa pensare a cosa facessi prima del Covid”

– “Abbiamo avuto modo di apprezzare di più cio’ che prima davamo per scontato”

– “Un tempo per riflettere mi fa pensare ad un tempo per recuperare e riscoprire il significato ed il valore della solidarietà e dello stare insieme”

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