Si terrà domani 2 Maggio a Carife un importante Convegno sulle Reliquie della Santa Croce. In occasione dei festeggiamenti che tradizionalmente si tengono nella comunità della Baronia il 3 di Maggio, è stato organizzato questo Convegno per ridare lustro alla antichissima storia dei cristiani di Carife e alla Reliquia che da 400 anni gelosamente custodiscono nella loro comunità. Il reliquiario, appartenente in origine all’illustre Antonio Capobianco, Marchese di Carife, nel XVII secolo, venne donato dal suddetto alla Collegiata Insigne di Carife, nelle mani dell’Abate don Giuseppe Nigro nel 1664, come ex voto e per forte desiderio del popolo che ne chiedeva la venerazione, per scampata morte dalla peste nera che fece a Carife nel 1656 ben cinquecento morti su una popolazione di 1500 anime. Il Convegno avrà luogo nella Chiesa di San Giovanni Battista a Carife, lunedì 2 Maggio alle ore 19.30. Oltre ai saluti del Parroco Don Daniele Palumbo e del Sindaco Carmine di Giorgio, vedrà come relatori S. E. Mons. Sergio Melillo che parlerà della Teologia della Croce, i professori Michele De Luca e Raffaele Loffa, storici locali, che affronteranno le vicende storiche legate ai Marchesi e al Reliquiario; chiuderà un intervento di Don Luigi De Paola sulla cura dei beni parrocchiali. I festeggiamenti di Martedì 3 Maggio vedranno inoltre una Rievocazione Storica di quanto il Convegno ci presenterà, desiderando immaginare con costumi, mestieri e pietanze d’epoca quanto potè avvenire nel 1664.
Poco più di un mese fa, tutto il mondo cristiano cattolico si radunava sofferente ai piedi della Croce, che nel giorno di Venerdì Santo accolse il corpo ormai esanime di Gesù, e contemplava dolorosamente quel legno e quei chiodi che tanta sofferenza avevano causato al Salvatore, Colui che aveva scelto di amare i suoi figli senza alcun riserbo. Eppure in questo giorno del 3 maggio, come nella pietà popolare di alcuni posti, quello strumento di morte e dolore viene adorato e si festeggia “l’Esaltazione della Santa Croce”. Cosa è cambiato nel giro di poche settimane? La riposta è in questo semplice aggettivo: “Santa”. L’uomo è un essere così piccolo e impotente d’innanzi alla maestosità dell’Infinito da non essere riuscito a credere fino in fondo a quanto Gesù in vita predicava, ecco perché si è lasciato assalire da un senso di angoscia e di abbandono al momento della Sua morte, vedendo in quel Legno la fonte di tutta la sua disperazione; solo nel giorno della Resurrezione ha potuto constatare che davvero Dio ha sacrificato Suo Figlio per amore nostro, e quindi la Croce è divenuta uno strumento di Vita, ciò che può santificare le nostre esistenze ed innalzarle al volere del Signore. Con la Sua morte Cristo ci libera dal peccato, con la sua risurrezione ci dà accesso ad una nuova vita, ma è stato necessario trasportare quella croce fin sul Golgota prima di potersi affidare totalmente a Dio e gridare: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). In questo modo, il Legno Santo è divenuto un importante simbolo per la cristianità, poiché rappresenta quel filo invisibile che collega l’uomo a Dio, la morte alla vita, e che quindi testimonia quanto il Signore tenga ai suoi fedeli, dal momento che l’ha reso l’altare su cui ha immolato Suo Figlio. L’Esaltazione della Croce, allora, diventa una delle feste più importanti per un cristiano, ma a Carife questa sacralità è maggiormente sentita dal momento che le è stato fatto dono e dovere di conservare un pezzo di quel prezioso legno. La reliquia custodita nella chiesa di San Giovanni Battista ha una storia tutt’altro che recente e affonda le sue radici nel XVII secolo. Come è noto agli appassionati di storia e religione, il ritrovamento della Santa Croce viene collocato nel IV secolo ad opera di Sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino, dopo di che, con il diffondersi del Cristianesimo e con il susseguirsi di nuovi popoli conquistatori, le reliquie sono state affidate a diverse comunità in tutta Europa. In particolare, il reliquiario appartenente in origine all’illustre Antonio Capobianco, Marchese di Carife, nel XVII secolo, venne donato dal suddetto alla Collegiata Insigne di Carife, nelle mani dell’Abate don Giuseppe Nigro nel 1664, come ex voto e per forte desiderio del popolo che ne chiedeva la venerazione, per scampata morte dalla peste nera che fece a Carife nel 1656 ben cinquecento morti su una popolazione di 1500 anime. Come si può constatare, si trattava di una comunità stremata ed impotente di fronte alle difficoltà di questo mondo e perciò, all’ora come oggi, quando ogni speranza sembrava svanita, ci si affidava ad un’unica certezza: il perdono di Dio. In cambio, si faceva voto di adorare ogni frammento di santità che il Padre aveva messo a disposizione dei suoi figli, e il popolo di Carife non è certo venuto meno alla sua promessa: dopo quasi 400 anni, seppur con usanze e costumi diversi, il 3 maggio resta sempre una giornata di festa. Quest’anno, in particolare, si è deciso di ricostruire quanto è accaduto nel lontano 1656, mettendo in scena una rievocazione storica in grado di catapultarci indietro nel tempo, nel tentativo di riuscire a comprendere quale gioia e quanta gratitudine abbia albergato nei cuori dei nostri avi alla vista di un simile dono. Ma perché proprio la Croce? Cosa ci spinge ad adorarla a distanza di secoli? La verità è che siamo umani, quindi abbiamo bisogno di esempi e di stimoli per essere sicuri di aver imboccato la giusta strada e di non vacillare durante il percorso. Questo è il motivo per cui ogni domenica, durante la celebrazione eucaristica, abbiamo bisogno di nutrirci di Cristo, per sentirLo con e dentro di noi. Allo stesso modo, ci ispiriamo alla Santa Croce, al fine di riuscire a trovare la forza e la fede per andare incontro al progetto che il Signore ha in serbo per noi. Infatti, il Legno è la rappresentazione di quanto Gesù sia stato umano, fatto di carne e dubbi proprio come un uomo qualsiasi: lo ha abbracciato, è caduto più volte sotto il suo peso, è stato aiutato a trasportarlo perché da solo non ne aveva le forze, si è sentito abbandonato dal Padre proprio quando il dolore causato da esso era troppo opprimente…eppure alla fine è risorto! Nel corso dei secoli, ogni generazione di fedeli ha dovuto far fronte alle dure prove che la vita le ha posto davanti, in altre parole, si è fatta carico di una croce da portare sulle proprie spalle; come Gesù, ognuno di noi non può fare altro che abbracciare quanto il Signore ha da offrirgli, sopportando, cadendo e rialzandosi, magari con un piccolo supporto esterno, ma sempre credendo nell’esempio di Cristo: se Lui ci è riuscito, perché io non posso risorgere? Ed ecco come la Croce diviene una fonte continua di ispirazione dal passato, un soggetto da adorare nel presente e un esempio per i fedeli del futuro, perché non importa se si è nati nel 1656 o nel 2016, ciò che ognuno instancabilmente cerca è la forza di affrontare ogni singolo passo con speranza e fede, gli unici punti di riferimento per la propria resurrezione. In questo giorno speciale, predisponiamoci ad esaltare la reliquia della Santa Croce che Carife ha voluto custodire tanto caramente in tutti questi secoli, e festeggiamo la croce che ognuno di noi trasporta sulle proprie spalle, certi che le lacrime da venerdì santo possono trasformarsi in scintille di santità grazie alla fede nell’Amore di Dio.