“A Natale Dio viene ad abitare la nostra fragilità”. Il Messaggio del Vescovo per il Santo Natale 2016

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Mi hanno fatto riflettere le parole che, nell’ultimo libro di un giovane autore, descrivono lo sguardo della persona che amiamo: «Quello sguardo ci perdona di essere come siamo, ci permette di abbassare le difese per lasciarci amare, ci rivela che andiamo bene così, con le nostre insufficienti e fragilità. Solo quegli occhi rendono abitabile il destino e lo trasformano in destinazione» (A. D’Avenia, L’arte di essere fragili). Questo è quello che, in pienezza, fa lo sguardo di Dio su di noi: ci rivela che la nostra fragilità merita misericordia. Ed è proprio questo sguardo che il mistero del Natale, ogni anno, viene a riproporci.

Ogni volta la Chiesa ci fa vivere il tempo di Avvento non come un mero ricordo, ma come esperienza viva, che si compie “ora”: in fondo, proprio ora ancora una parte aspetta la sua redenzione, sospira a Cristo. Ed è in questo “ora” che Cristo ci viene dunque incontro, compiendo in noi il mistero del suo Amore.

Chiediamoci: quale parte di noi ancora aspetta la redenzione? Quale parte di noi, in questo momento della nostra vita, ha bisogno che Cristo venga? Forse tanti di noi fanno esperienza concreta di una propria persona fragilità. La fragilità ci spaventa, ci mette paura, ci dà in qualche modo il senso di sentirci falliti. Eppure, Cristo viene ad abitare proprio questa fragilità. Possiamo dire che in qualche modo Egli ha un debole per la nostra fragilità, ed è proprio lì che Egli ci chiede di venire ad abitare. Così anche la nostra debolezza diventa preziosa, se sappiamo offrirla al Signore per metterci dentro il suo cuore. Questa è la misericordia: dare un cuore alla nostra miseria; e questo fa Dio col Natale: dà un cuore divino alla miseria umana.

Metterci davanti al presepe, allora, significa lasciarci guardare da quegli occhi innamorati che ci chiedono di vincere ogni nostra resistenza. Lo sappiamo bene, per esperienza, quanto fa male il cuore quando mendichiamo un amore non ricambiato: proprio questa esperienza ci aiuta a capire i sentimenti del cuore di Dio, quando gli neghiamo accesso alla nostra fragilità.

E mettersi davanti al presepe significa rivivere, in maniera unica e personale, l’esperienza evangelica dell’incontro della peccatrice pentita con Gesù. E come commenta sant’Agostino: «Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia». E lo stesso deve accadere a noi quando ci ritroveremo davanti al Bambino di Betlemme: è necessario trovare il tempo per starci da soli, solo noi – il misero – e Lui – la misericordia. Misericordia che vuole guardarci per riempirci di sé, che vuole abitare la nostra fragilità, che vuole mettere il suo cuore tra la nostra debolezza. E, badiamo bene: in ogni nostra debolezza; anche in quella – o forse proprio in quella – che il nostro cuore fa fatica a perdonarci. Dio è più grande anche del nostro cuore. E «niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono» (Papa Francesco, Misericordia et misera, 2).          

Il mio augurio è che questo venire ogni istante del Signore, nel nostro “ora”, sappia sbaragliare definitivamente la nostra più radicale resistenza: la paura della nostra fragilità. Questa fragilità, Dio vuole abitarla sopra ogni cosa: non lasciamo che bussi alla porta inutilmente.

Sia davvero questo un Natale santo per le nostre famiglie, per i giovani, per gli anziani, per le persone senza lavoro, per gli ammalati, per i poveri e per chi si sente “scartato”. Nell’Emmanuele, Dio ci viene incontro e ci indica la strada per essere guariti nel corpo e nello spirito e recuperare così la dignità di figli.

                       Buon Natale!

                                                                      + Sergio

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