“La famiglia? Una proposta di vita”. Inizia così il XXXV° Convegno Pastorale della Diocesi

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Ha avuto inizio il XXXV° Convegno Pastorale della Diocesi, il primo con il Vescovo Melillo che nel suo saluto iniziale ha sottolineato che il Convegno ecclesiale è l’occasione per tentare di dare una risposra sincera a quesra domanda: “Chiesa di Ariano Irpino – Lacedonia, dove sei? A che punto sei? Che dici di te stessa?”. Dove certamente ognuno deve porsi la domanda, senza scoraggiamenti, al singolare.

“La famiglia è un compito abbastanza difficile e delicato” così con il Prof. Carmelo Dotolo, Arianese e professore ordinario di Teologia delle religioni nella Pontificia Università Urbaniana di Roma, ha esordito poi, nella prima pista di riflessione e di studio di questo convegno.

“Il tema della famiglia – ricorda il docente – oggi non è un mondo sul quale si vuole investire, se non a volte per “vendere”, e dove quindi la famiglia diventa strumento di vendita c’è una retorica che tende a svuotare il fatto che la famiglia è un progetto esistenziale”.

Profeticamente è vero che dalla gioia del Vangelo si arriva alla gioia della famiglia, ma non è semplice e scontato. Quattro passaggi hanno poi permesso una analisi socioculturale per entrare meglio nel tema.

“Lo scontro di modelli culturali va a incidere sulla comprensione dell’essere famiglia. Noi stiamo scoprendo oggi che essere famiglia risponde ad un modo diverso di essere uomini e donne”. Tener conto quindi di:

  1. L’etica dell’amor proprio. È quel tipo di esperienza per le quali una volta che sto bene con me stesso il resto non conta. Una prospettiva di un individualismo della propria identità.
  2. La complessità culturale. Dice Freud che oggi vale il principio del piacere anziché il principio della realtà, scomodo, davanti al quale ci sentiamo quasi offesi che non ci porta a non poter sempre esplicitare al massimo il desiderio e il piacere che non sono elementi negativi ma che bisogna far entrare in una direzione giusta probabilmente.
  3. Proposta culturale che il Cristianesimo dovrebbe diventare sempre più elemento capace di costruire lo spazio pubblico della nostra esistenza. Spesso il nostro modo di essere cristiani non è stato di attivare percorsi sociali e politici attenti a quei valori come la famiglia importanti, perché crediamo che il credere non sia troppo implicato con la vita (crediamo a momenti); il credere che non diventa prassi di vita diventa vuoto e la responsabilità di una fragilità di valori è anche la responsabilità dei silenzi da parte nostra. Sappiamo lamentarci a leggi fatte magari, ma prima dove eravamo?

“Il cristianesimo suggerisce una prospettiva di famiglia legata alla relazione sugli affetti”.

Chiamata all’umano, alla fedeltà e alla responsabilità. Termini che indicano uno specifico dell’identità cristiana della famiglia. La famiglia è sacramento e segno di qualcosa dato.

Qual è il senso di famiglia che noi intendiamo suggerire come Chiesa di Ariano?

  1. La famiglia è un cammino di maturazione umana, dove si impara a essere uomini e donne. È difficile e non c’è nessuna etichetta e nessuna ricetta facile.

I processi di individualizzazione hanno in qualche modo rotto, corroso o messo in evidenza, la necessità di comprendere come amare non è una cosa facile.

Oggi la parola amore è diventata indispensabile, forse abusata – ricorda Dotolo.

Non più una relazione dove prevale il contratto ma un amore che finisce in un contratto.

Perché capita questo?

  1. Alla base della cultura del contratto c’è il modello della libertà di scelta, che di per se è una cosa buona. Ma quando questa libertà diventa l’elemento di una autonomia di realizzazione solo di se stesso diventa limite alla famiglia stessa.
  2. Bisogna imparare l’arte di amare. Dalla pedagogia del Vangelo. Non riteniamo che amare sia una cosa semplice, perché esige una pedagogia nella quale dobbiamo essere in grado di mettere al centro la relazione con l’altro che non è mai la nostra fotocopia. Non è il nostro selfie.
  3. È presente un analfabetismo affettivo. Siamo diventati affettivamente analfabeti. Cioè al di là degli affetti e delle emozioni del momento. C’è voluto papa Francesco per capire che la Misericordia e la Tenerezza appartengono al lessico della nostra umanità. Che non è segno della debolezza ma lo spazio che il Vangelo ha inteso valorizzare le relazioni. Incapacità di organizzare i vissuti attorno agli affetti. Affetto vuol dire essere legato all’altro. L’affetto nasce nel momento in cui vengo colpito dall’altro. L’analfabetismo nasce dal fatto che si vogliono le relazioni ma non si sanno vivere. La morte della relazione è la morte della capacità affettiva.

Questo comporta l’idea che tutto ciò che appartiene alla relazione non è e non deve essere reso socialmente e istituzionalmente plausibile.

La Proposta cristiana quindi?

È una proposta profetica. In un cui la responsabilità indica almeno di provare. La fedeltà e la responsabilità ci permette di capire che la relazione deve germogliare sulla fiducia reciproca, sul fatto che non c’è una perfezione da assumere ma un progetto da realizzare.

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