La riforma del processo canonico per essere vicini alle ferite dell’umanità. Seconda giornata per il XXXV° Convegno Pastorale

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Si è tenuta la seconda giornata del XXXV° Convegno Pastorale, che dopo la lectio di don Massimiliano Palinuro che ha sottolineato che nell’insegnamento di Gesù prevede che il progetto di Dio sull’amore coniugale sia eterno, in quanto riflesso dell’Amore eterno di Dio, il Vescovo nella sua introduzione ha ricordato che la famiglia è fondata sul matrimonio che è indissolubile unitivo e indissolubile, questo “apparitene al sogno di Dio per la salvezza dell’umanità”.

Con la riforma in atto sul processo canonico, ricorda il Vescovo, la chiesa attraverso il Papa e i Vescovi, vuole mostrare l’amore misericordioso di Dio, in particolare a quelle ferite dal peccato e dalle difficoltà della vita. La famiglia è dono e compito. La relazione di questa sera un aiuto per un percorso educativo di discernimento familiare. Per ciò “bisogna fare in modo che la pastorale si serva del diritto come un suo distillato finale per procedere in un terreno accidentale ma vitale come è la famiglia. Il diritto mette in chiaro la necessità di una pastorale trasversale sulla famiglia.”

È stato Mons. Pietro Milite, uditore del Tribunale Apostolico Rota Romana, ha tenere la relazione su “la legge di riforma del processo matrimoniale voluta da Papa Francesco in ordine alla salus animarum”.

Il papa – ci dice il prelato – ha avuto nel suo cuore il diffondere la riforma che vada verso i poveri (divorziati ecc… le persone ferite), la seconda premessa è la rottura dell’uomo contemporaneo. 50000 divorzi in Italia contro 4000 nullità dichiarate ogni anno! L’anima di questa riforma costa di questo principio, dai pochi ai molti. Come è nata la riforma del santo padre perché il papa voleva dare una risposta alle esigenze della chiesa che soprattutto verso i paesi più emarginati avevano l’esigenza di snellire il processo.

Il primo caposaldo della riforma è la centralità del Vescovo. Pastorale nella visione ecclesiologia del vaticano II. Il vescovo diocesano è per diritto divino giudice, in forza del sacramento che ha ricevuto. A lui spetta sciogliere le pene come quella dell’esclusione dalla comunione sacramentale. Gli apostoli chiamati a reggere la Chiesa di Dio possono giudicare come una necessaria missione.

Quali possono essere le circostanze, non i capi di nullità, che possono portare a capire che dietro c’è un capo di nullità? È a questo che bisogna essere attenti.

Per cui qual è il vero processo di questa riforma canonica? Trovare un punto di incontro tra il vescovo e i fedeli. Come avviene? Ufficio diocesano con delegati che fanno però capo al vescovo che deve avere rapporti con i singoli casi. I laici che devono avere una presenza sulla pastorale della diocesi e infine il tema della gratuità.

Il papa ha intuito che i vescovi delegavano prima pur avendo questo diritto di giudicare. Quindi oltre a farsi prossimo a tanti feriti ha detto “voglio che i processi siano gratuiti”, in primis con il la rota, dove è assoluta la gratuità. Che resiste anche nei tribunali diocesani. Tutto attraverso un meccanismo di oggettività e trasparenza. Entra, quindi, in gioco un altro soggetto che è la conferenza episcopale locale e nazionale.

Il potere del vescovo. Che è per diritto divino giudice, colui che guida la chiesa è colui che deve giudicare la chiesa. In alcuni casi è scontato che ci sia la nullità. È necessario però fare soprattutto un percorso con le famiglie nella preparazione al matrimonio che metta in luce l’importanza del sacramento stesso, e qui c’è l’impegno degli operatori pastorali, dei sacerdoti, dei diaconi dei laici: la riscoperta del sacramento del matrimonio, dunque, è una missione che impegna tutta la Chiesa.

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