LA RISURREZIONE DEL SIGNORE È LA NOSTRA SPERANZA. IL MESSAGGIO DEL VESCOVO

Facebook
Twitter
LinkedIn

“La risurrezione del Signore è la nostra speranza”. Così Sant’Agostino spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci la speranza! Con la risurrezione Dio ricrea il mondo per Amore. La Pasqua segna il passaggio definitivo dalla morte alla vita. Il suo “passaggio” ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo (cfr Eb 10,20). Il Volto di Cristo sfregiato dai dolori dell’umanità, dagli orrori delle guerre è trasfigurato, irradia luce e dirada le ombre. Nell’alba di Pasqua anche il suono grave delle campane acquista uno speranzoso tintinnio. Sveglino con i loro rintocchi le nostre coscienze ad avere attenzione ai cuori affranti dei senza speranza, degli scartati! Nel Vangelo Pietro e Giovanni correndo affannati al sepolcro vuoto rimangono stupiti da quell’assenza. Il legno secco e mortifero della croce è gemmato come la primavera. La Speranza che si è fatta concreta non è “un’uscita di sicurezza”, come direbbe Ignazio Silone, né “un viaggio al termine della notte” (Celine), una fuga lontano da scenari che drammatizzano il nostro quotidiano. La speranza cristiana è la certezza che la risurrezione del Signore ha il suo compimento nella vita, la illumina. Il cristiano ha certezza della positività della vita: chi crede in Dio che proprio nelle sembianze alterate del Crocifisso si manifestato come amore “sino alla fine” (Gv 13,1), sa che la bellezza è verità e che la verità è bellezza, ma nel Cristo sofferente apprende anche che la bellezza della verità include l’offesa, il dolore e persino l’oscuro mistero della morte. Sant’Agostino nella correlazione tra il Discorso della Montagna e i doni dello Spirito menzionati in Isaia 11, afferma una reciprocità tra “scientia” e “tristitia“: il semplice sapere, dice, rende tristi. Di fatto chi vede e apprende soltanto tutto ciò che avviene nel mondo, finisce per diventare triste. Ma, verità significa di più che sapere: la conoscenza della verità ha come scopo la conoscenza del bene. Questo è anche il senso dell’interrogarsi socratico: qual è quel bene che ci rende veri? La verità ci rende buoni, e la bontà è vera: è questo l’ottimismo che vive nella fede cristiana, perché ad essa è stata concessa la visione del Logos, della Ragione creatrice che, nell’incarnazione di Dio, si è rivelata insieme come il Bene, come la Bontà stessa. Né può bastare il socratico Apollo, considerato da Platone il garante dell’imperturbabile bellezza. Non resta dunque che tornare alle “due trombe” della Bibbia, cioè al paradosso di Cristo, del quale si può dire “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo …”, ma anche “Non ha bellezza né apparenza…un volto sfigurato dal dolore”. Nella passione di Cristo, l’estetica greca, che ritorna con forza nel nuovo paganesimo in atto, è superata. L’esperienza del bello riceve una profondità, un nuovo realismo. Colui che è la “Bellezza in sé” si è lasciato percuotere sul volto, coprire di sputi, coronare di spine. Ma, proprio in quel volto sfigurato appare l’estrema Bellezza dell’Amore che ama, mostrandosi così più forte di ogni menzogna e violenza. Soltanto chi sa cogliere questa bellezza comprende che proprio la verità, e non la menzogna, è l’estrema affermazione del mondo. E’ semplicemente un trucco astuto della menzogna quello di presentarsi come “unica verità”, quasi che al di fuori e aldilà di essa non ce ne sia alcun’altra. L’icona del Cristo Crocifisso è capace di liberarci da quest’inganno, oggi così prepotente. Ma ad un condizione: che assieme a Lui ci lasciamo “ferire”, fidandoci di quell’Amore che non esita a svestirsi della bellezza esteriore, per annunciare proprio in questo modo la Verità della Bellezza, della Vita.

In una lirica Holderin – a Patmos – ci svela che “E’ sì difficile ad afferrare è il Dio/Ma dove è il pericolo, cresce/Anche ciò che salva”. E’ una perla preziosa da riporre nello scrigno riconciliato del cuore. In un’evidente e disperante solitudine si eleva come una vetta che par scoraggiare l’ascesa ma, una quieta brezza ci dona la presenza di Dio: è il paesaggio della pura esistenza che si staglia quando ogni particolarità o egoismo è caduto.

Siamo consapevoli che i riflessi più evidenti della crisi che attraversiamo, non solo economica sono riconoscibili, anzitutto, nella volontà di ridurre la famiglia ad “aggregato di individui”, a soggetto da ridefinire a seconda delle pressioni di costume: una realtà che si vorrebbe dai “confini precari” e dai “tempi incerti”, dimenticando come essa rimanga l’unico luogo degno dell’accoglienza della vita, uno sguardo volto al futuro. É urgente l’appello a sostenerla con iniziative legislative concrete.

La Pasqua è la ragione fondativa della Chiesa, del Corpo di Cristo che fiorisce come “vita nuova” nell’umanità intera. Impregna la storia, la supera, caricando la visione del mondo di quella valenza, di quel magis che Cristo restituisce alla vita umana. Si coglie la profondità che lega questo accadimento alla Speranza nelle parole del “Curato di campagna” di Georges Bernanos. Vi è manifesta la difficoltà, il travaglio del giovane prete, della Chiesa, che descrive lo stile dei suoi fedeli nella confessione e resoconta una verità che implica una comune riflessione sincera: “A forza di abitudine e col tempo i meno sottili finiscono per crearsi un linguaggio del tutto personale che rimane astratto in modo incredibile. Non celano un gran che, la loro franchezza sorniona somiglia a quei vetri smerigliati i quali lasciano passare soltanto una luce diffusa in cui l’occhio non distingue nulla”. Alla fine la nota dominante dell’esistenza è svelata nelle ultime parole dello stesso curato: “Che cosa importa tutto è Grazia”. La Grazia che riscatta la vita e apre l’aurora dell’eternità anche quanto appare tutto buio.

Nel teodramma della settimana santa la Madre di Gesù, la Vergine Maria, impietrita nel suo dolore, ci trafigge il cuore. In Lei, Madre anche nostra, Cristo ci ama.

Ama la Chiesa con le sue cadute, le famiglie, gli anziani, i giovani, i poveri, gli abbandonati, vince il peccato e la morte.

Santa Pasqua di risurrezione!

+ Sergio Melillo

Diocesi <br>Ariano Irpino - Lacedonia

Diocesi
Ariano Irpino - Lacedonia