Monsignor Pasquale Venezia. Vescovo dei tempi difficili

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È questo il titolo del Convegno con cui la Diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia ha voluto ricordare il Vescovo Venezia, nell’occasione del 25° della sua morte. Monsignor Venezia, infatti, ha guidato la diocesi arianese per quasi vent’anni, lasciando la sua impronta di pastore buono, aperto e generoso verso tutti.

I tempi erano certo difficili perché Monsignor Venezia ha svolto il suo ministero affrontando i disagi del terremoto del 1962 e coinvolgendo i sacerdoti e i fedeli nel cammino bello e difficile del Concilio Vaticano II.

Maggiori difficoltà, inoltre, si sono poste alla sua azione pastorale quando è stato nominato Vescovo di Avellino.

Tutte queste considerazioni sono state messe in evidenze con lo stile sapiente e denso di storia del Professor Francesco Barra, incaricato di parlare, nel Convegno, su “L’Episcopato di Monsignor Venezia negli anni della ricostruzione”. Il professore ha illustrato la situazione storica, sociale ed ecclesiale delle due diocesi Di Ariano-Lacedonia e di Avellino. Due luoghi geografici diversi ma anche due culture molto diverse, due stili differenti di vivere il cammino di Chiesa. Con la sua personalità aperta, tuttavia, Monsignor Venezia, ha saputo fare da “cerniera” sapiente e lungimirante. Senza desistere mai dall’obiettivo di portare il gregge all’incontro vero con Cristo, ha saggiamente e prudentemente lavorato con umiltà perché tutti si sentissero coinvolti con responsabilità. In modo particolare l’attenzione alla formazione dei laici, uno dei punti cardini del Concilio Vaticano II. Il professor Barra ha così applicato a Monsignor Venezia quello che il teologo Rahner ha applicato alla Chiesa, definendola “in diaspora”. Modernamente potremmo dire che Monsignor Pasquale Venezia è stato un “vescovo in uscita”.

Il secondo relatore, il professor Antonio Alterio, aveva il compito di raccontare “Il Ministero arianese” del Vescovo Venezia. E questo ha fatto, in stile amichevole e limpido, riportando alcuni episodi cruciali e difficili che il Vescovo ha affrontato con la sua consueta capacità di discernimento. Inoltre, ha sottolineato la sua particolare capacità umana di stringere relazioni e di vivere con sensibile umorismo le situazioni critiche.

Angela Petitti, dell’Associazione Silenziosi Operai della Croce, ha messo in luce l’amicizia profonda che ha legato Monsignor Pasquale Venezia a Monsignor Luigi Novarese, alla cui Opera ha affidato il Santuario “Salus Infirmorum” di Valleluogo nel 1957.

Un’amicizia iniziata ai tempi in cui frequentavano insieme il Collegio Capranica e l’Università Gregoriana a Roma, durata fino alla fine della loro vita, avvenuta ambedue a Rocca Priora, casa di formazione dei Silenziosi Operai della Croce; Monsignor Novarese nel 1984 e Monsignor Venezia nel 1991.

In Monsignor Venezia, il giovane sacerdote Luigi Novarese ha trovato un ascoltatore attento che lo ha aiutato a discernere l’impulso dello Spirito santo che spingeva Luigi Novarese verso i sofferenti. Non solo per portare loro consolazione e speranza, ma per coinvolgerli pienamente nell’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, nel farsi responsabili dei cammini ecclesiali e pastorali, nel vivere la missione di evangelizzare la sofferenza e di rendere protagonisti della loro vita le persone sofferenti.

Affidando all’Associazione dei Silenziosi Operai della Crcoe il piccolo e sperduto Santuario di Valleluogo, e riconoscendone gli Statuti nella sua diocesi di Ariano-Lacedonia la Monsignor Venezia ha ufficialmente dato il via all’azione pastorale dei sofferenti nella Chiesa.

Chiudendo le sue riflessioni, Sorella Angela riferiva una citazione del poeta Rainer Maria Rilke: “È chiaro che noi dobbiamo attenerci al difficile. La gente, con l’ausilio delle convenzioni, ha risolto tutto secondo la facilità e la più facile delle facilità; ma è chiaro che noi dobbiamo attenerci al difficile; tutto ciò che vive vi si attiene. Sappiamo poco, ma che dobbiamo attenerci al difficile è una certezza che non ci deve abbandonare; che una cosa sia difficile deve essere per noi un motivo in più per farla”.

Questa ripetuta insistenza sembra essere una bella sintesi della vita di queste due persone sante che hanno svolto il loro apostolato, sempre nella povertà, nella semplicità e affrontando gli innumerevoli problemi con cui la vita ci chiama incessantemente a confrontare.  Forse, quanto più si è semplici secondo il vangelo, tanto più si è in grado di assumersi il difficile della vita e viverlo con gioia, fiducia e speranza.

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