Natale del Signore 2022
Giubilate o cieli, rallegrati o terra,
viene il nostro Dio e avrà misericordia dei suoi poveri (Cf. Is 49,13)
Cari fratelli e sorelle,
Don Primo Mazzolari, un prete umile che guardava lontano, diceva che le feste cristiane sono come «l’alta marea», nel senso che «raggiungono anche coloro che si sono allontanati … un’onda del nostro mistero che molti non riescono più a ricongiungere alla venuta del Salvatore tra gli uomini».
Il Natale è il culmine dell’attesa, è “assaporare” il pane, l’Eucarestia, la venuta di Dio fra gli uomini, «Il Verbo che si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (cf. Gv 1,14).
Abbiamo bisogno di ritrovare il gusto di famiglia, di Chiesa, di comunità, di socialità ospitale dove le ombre siano sgominate dalla luce e la fame di senso trovi ristoro. Ciascuno è chiamato a portare questo stile nei luoghi della propria quotidianità.
Nel Dio Bambino, la vita ci viene incontro malgrado, a volte, sia come respinta, per la povertà, per la guerra, per la mancanza di lavoro, per il disagio dei giovani, per l’inverno demografico e la desertificazione dei nostri splendidi territori. Da cristiani abbiamo il compito di denunciare quei modelli che instillano inquietudini, precarietà e indecisione. Facciamoci discepoli e missionari del Vangelo!
A Natale ci è donata la possibilità di sentirsi amati, di amare perché si vive solo amando come quel Bambino: «L’amore è sufficiente per sé stesso, piace per sé stesso e in ragione di sé» (s. Bernardo).
Nella Notte Santa non abbiamo bisogno di parole, perché l’unica Parola di futuro, di riscatto, di redenzione si è fatta Carne e, ogni giorno l’Emmanuele, il Dio con noi, va accolto; una nascita che è, a volte, svilita nella sua dinamica di dramma, di speranza e imbarazza formulare i soliti auguri.
Questo giorno dà inizio a tutto e va vissuto alla luce di quello che accadde a Betlemme e continua ad accadere nei luoghi di precarietà, di miseria materiale e relazionale.
A Betlemme non c’era clamore: due giovani giunti dopo un viaggio estenuante non furono accolti. Ma, il silenzio che regnava in quell’antro dove trovarono rifugio Maria e Giuseppe, fu interrotto dal vagito del Bambino, da un canto dal cielo e unici testimoni, nel tepore della stalla, il bue, l’asino e i pastori che con coraggio, volgevano lo sguardo verso l’alto. Avevano lo stile dell’accoglienza che si dilata nello stupore, nella meraviglia dell’annuncio di un cambiamento, «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9)
Questo fatto nella sua straordinarietà è l’incontro Dio con il nostro fragile umano, perché nascere e scampare dal naufragio del non esistere.
In un mondo marginale Dio viene per darci sé stesso, vita, gioia, salvezza. Finalmente la creazione rifiorisce!
Ma, ciò nonostante, non ci fu alcuna festa!
Oggi nelle luci della festa rischiamo di smarrire Gesù che non trova accoglienza, malgrado la nostra generazione abbia disperato bisogno di riavere futuro.
Gesù è venuto per tutti, per gli anziani e i giovani, per gli ammalati, per i carcerati, per i profughi, per le famiglie sempre più fragili! Natale è Salvezza per sfuggire al tentativo di respingere la vita.
La nostra Speranza sta nel fatto che il Figlio di Dio, ha unito la Sua vita alla nostra per sempre.
Buon Natale
+ Sergio, Vescovo