Venerdì Santo: l’omelia del Vescovo

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Ariano Irpino – Basilica Cattedral

•Venerdì santo•

2 aprile 2021

«Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto»

 (Gv 19,37)

Le  parole che Gesù pronuncia dalla Croce escono dal Suo cuore, con una voce sfinita, da un corpo che si è arreso.

Il Suo sguardo si spinge oltre la morte. Gesù è immolato, umiliato, muore fuori dalla città: «O cuore tormentato, ti spezzò l’amore, il dolore e il timore…» (S. J.H. Newman)

            Dall’alto della croce, con sguardo straripante di lacrime e di sofferenza, continua parlare, ma non agli uomini, eppure sono tanti che si accalcano sulla scena: gli Apostoli in fuga, Barabba, Giuda il traditore, Pietro che lo rinnega, Pilato, le guardie, il Sinedrio, Caifa…, non lo ascoltano e  gridano imprecazioni e sfide:«dalla piazza saliva quel grido bestiale che scuoteva le fondamenta del palazzo: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!» (Lugi Santucci).

 Parla al Padre e chiede di salvarci dal castigo:«Salve, o Croce splendida  nostra speranza unica,/accresci ai buoni la grazia,/cancelli ogni colpa».(cfr. Vexilla Regis)      

Solo  la Madre, Giovanni, le donne lo seguono fino all’ultimo respiro…

Sul Calvario Gesù dice all’Apostolo amato: Ecco tua Madre! Guarda tua Madre, al suo modo di amare, di credere. Guardando  Lei apprendiamo anche noi l’arte del vivere.

È l’ora terza, «da anni quell’ora terza è ferma sul quadrante del tempo»(Luigi Santucci).

Anche oggi, l’ora  terza risuona nel respiro affannato di Gesù,  dei crocifissi della storia, delle sofferenze del mondo, in questa pandemia, nelle ingiustizie che continuano ad imperversare.

È un’ora cruciale che “ritorna” ogni Venerdì Santo per richiamare la nostra attenzione alla morte del figlio di Dio che, Solo, continua a perdonare ed implorare la salvezza per tutti: «Padre perdona loro».

 Con queste parole Gesù continua a salvarci consegnandosi al supplizio della croce, «Il castigo più barbaro e terribile» (Cicerone, In Verrem, II, 5,65,165).

Tra una fede debole ed oscura, siamo come travolti dagli eventi, Gesù prega e grida con umiltà la verità della debolezza umana: «Mio Dio, perché mi hai abbandonato?» (Sal 22)

«Dio tace, e questo silenzio lacera l’animo dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta. I giorni e le notti si succedono, in una ricerca instancabile di una parola, di un aiuto che non viene; Dio sembra così distante, così dimentico, così assente».(Benedetto XVI)

Gesù, elevato da terra, vive una situazione drammatica nella solitudine della morte, in un totale abbandono. Ma, Gesù non scende dalla croce. Morirà rifiutato, abbandonato, testimoniando con la Sua morte  che  Dio è solidale con le nostre morti. Testimoniando che Dio è Amore discendendo fin negli abissi del nulla.

            Alla Sua  essenza non apparteneva la morte, come alla nostra di uomini non apparteneva quella di vivere, fece, dunque, con noi questo scambio mirabile: prese da noi ciò per cui è morto, mentre noi prendiamo da lui ciò per cui vivremo.

Non possiamo  parlare dell’uomo senza rammentare Dio, poiché senza Dio l’uomo è assolutamente privo di senso.  Dio è in  tutte le creature, vi è loro presente il divino, che è  bello, commovente, attraente e traspare dal volto dolente e dalle piaghe del Crocifisso.

Il male, il peccato che dà origine a questa morte è distruzione di vita. È l’estinguersi di ogni valore positivo e l’annichilimento di ciò che nell’anima è divino, buono, bello.

Di questa catastrofe, la morte di Cristo, è il punto più alto, il cardine dell’incontro tra il peccato e l’umanità che accade nella  Sua carne innocente.

Cari amici, riconosciamo Gesù senza timore, testimoniamo che Cristo è stato Crocifisso: «Il Signore è trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquit
à». (Is 53,5)

In queste pagine drammatiche del Vangelo si manifesta la verità della vita, si palesa il dono estremo di Dio che scende verso il nostro  dolore, per toccarci nella nostra morte, con la Sua luce nella notte.

Guardando la nostra fragilità , abbandoniamoci a Lui che appare in questo ultimo tratto del Suo cammino, circondato dai nemici, per i quali  «ha perduto il senno…» (Gv. 10,19).

Ma, l’essere cristiani è sottoporsi a questo giudizio!

È entrare nella biosfera di Cristo, di cui San Paolo  rivela  in larghezza, lunghezza, altezza e profondità il Mistero (cfr. Ef 3,18).

È un orizzonte infinito ed in questo meraviglioso “sistema solare”; “attacchiamoci” al suo centro: alla Croce, per Crucem ad Lucem.

La vita cristiana è questo passaggio generoso, personale, senza ritorni, senza rimpianti, per giungere al contatto pieno dell’uomo, originato dall’amore infinito di Cristo.

Davanti al Dio Crocifisso portiamo, nella preghiera, i tanti crocifissi di oggi, che solo da Lui possono ricevere conforto e  senso al loro soffrire.

Da quando Gesù ha preso su di sé le piaghe dell’umanità, l’amore di Dio ha irrigato i nostri deserti, ha illuminato le nostre tenebre: perché il mondo è nelle tenebre!

E ancora una volta…

«Cristo risorge, ma per continuare a morire…

Cristo, sei il corpo del mondo

Trafitto da spade infinite: carne

della creazione che gronda sangue:

tu, somma di ogni dolore,

Cristo che vivi, e muori e risorgi

Per gemere ancora…»

(Davide Maria Turoldo)

Amen!

 + Sergio Melillo

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