XLII° CONVEGNO PASTORALE DIOCESANO: l’omelia del Vescovo

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Ariano Irpino  – Basilica cattedrale

XLII° CONVEGNO PASTORALE DIOCESANO

Sguardi di Speranza

«Fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10, 21)

Omelia

1° Settembre 2024

Cari fratelli e sorelle,

la liturgia della parola di questa domenica è imperniata su due antitesi, su due coppie di parole che si oppongono radicalmente tra di loro: trasgredire ed osservare; puro e impuro.

Voi trasgredite il comandamento di Dio, per osservare la tradizione degli uomini.

E’ l’antica tentazione: quella di costruirsi una divinità a propria immagine, quella di sostituirsi a Dio, alla sua santità, alla sua  volontà.

 Così, al comandamento di Dio, viene sostituito un asfissiante corpo di precetti e di moralismi, frutto di condizionamenti spesso sociali ed ambientali, e che perciò stesso non hanno quella natura eterna ed immutabile che solo il comandamento di Dio può avere.

È necessario ancora oggi è sempre, anche all’interno della chiesa, un lucido discernimento su quanto può dirsi comandamento di Dio e quanto invece appartiene soltanto alla tradizione degli uomini, che come gli uomini stessi è destinata a mutare, ad evolvere, a perire.

Questo attento discernimento aiuterà la chiesa e ciascuno di noi a spogliare l’essenziale dal superfluo, e ritrovare così il comandamento di Dio, nel quale solo è la pienezza della vita.

E siamo qui chiamati ad una riflessione attenta, non frettolosa:

cos’è il comandamento di Dio?

Di  Dio non si può predicare l’avere, ma soltanto l’essere: egli non ha qualcosa, non è qualcosa,  è il tutto. Egli non dà qualcosa, da sé stesso.

Il comandamento di Dio non è niente altro che Dio stesso, nella sua natura di amore senza limiti, senza riserve, senza intermittenze.

È la misura di questo amore a cui siamo chiamati, che noi tradiamo con l’alibi della tradizione degli uomini, cioè di quel corpo di condotte anche buone, ma spesso lontane dall’esigenza di radicalità che c’è chiesta dall’amore di Dio, ovvero dal suo comandamento.

La prima cosa è che la nostra chiesa particolarea è chiamata a vivere, con nuovo slancio dopo il convegno, è l’esercizio di un continuo discernimento su cosa ci assorbe, ci trattiene, ci rallenta, nell’esercizio di un amore di vero.

Dovremmo valutare quali tradizioni degli uomini, quali strutture organizzative e quali sovrastrutture interpretative che hanno svolto la loro buona funzione in determinati contesti del passato, richiedono di essere messe oggi in discussione, prendendo il largo per approdare ad adempiere, con sincerità al comandamento di Dio.

E poi c’è la seconda antitesi, quella tra puro ed impuro. Pur nelle diverse declinazioni lessicali, è qui la contrapposizione su cui fondiamo ogni nostro giudizio ed ogni nostro rapporto: puro ed impuro; amico e nemico; giusto e sbagliato.

L’invito di Gesù non è quello a disconoscere l’esistenza di una purezza o di una impurità, ma è piuttosto volto a passare da una legge delle esteriorità ad una legge dell’interiorità, come San Giacomo nella sua lettera giustamente nota.

Nell’economia dell’incarnazione, tutto ciò che è stato assunto dal verbo è puro.

Lo spazio dell’impuro è soltanto quello della possibilità di chiusura del cuore dell’uomo, che è l’unica cosa che resta non assunta dal verbo fatto carne.

Non c’è nulla di impuro che non sia diventato tale perché avvelenato dalla furia predatoria del nostro cuore chiuso la grazia di Dio: «Far posto all’altro diviene così una grazia, quella di partecipare ad una vita che ci supera e va più lontano di noi» (De Certau)

Cari fratelli e sorelle, quello che Mosè nel libro del Deuteronomio dice del popolo di Israele, oggi il vostro vescovo può dire del popolo che cammina con lui: quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?

A quale altro popolo Dio ha voluto rivelare i misteri del suo volere, la natura del suo comando, l’esigenza del suo amore?

Noi aderiremo al suo disegno, adempiendo il comandamento di Dio che è l’amore stesso di Dio, tralasciando tutto quanto delle tradizioni degli uomini ci possa rallentare nell’adempimento di tale comandamento, senza rendere inpuro nulla con il cattivo esercizio della nostra libertà.

Così, della diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia si potrà dire:  “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”.

Sappiate che “Una vita che non è fatta per essere capitalizzata e posta negli scrigni di una banca eterna, ma al contrario per essere rischiata, donata, perduta allo stesso tempo che servita. La Chiesa deve incessantemente discernere nel mondo ciò che testimonia; deve sempre cercare con gli uomini ciò che insegna loro. Dio non cessa di esiliarla al di là di sé stessa attraverso gli incontri e le solidarietà che dapprima disorientano, ma che poi ricordano e rinnovano quanto essa fa già “in memoria” e come segno dell’alleanza eterna.” (M. De Certau)

In questo pellegrinaggio  lo sguardo di Gesù parla al cuore. È  l’invito a far risuonare nella vita la sua voce, è sguardo che ci accompagna per ritmare il passo della nostra Chiesa verso di Lui e gli altri, tutti insieme verso il futuro.

La Vergine Maria, la Regina di Montevergine, Madre nostra ci conduca per mano verso il Figlio, verso la Salvezza!

Amen!

+Sergio, vescovo

Diocesi <br>Ariano Irpino - Lacedonia

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Ariano Irpino - Lacedonia