XXXVI Convegno ecclesiale diocesano – “Adamo dove sei?” (Gn 3,9) – Ariano I., 31 agosto-3 settembre 2017

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Carissimi parroci, sacerdoti, religiosi, diaconi e operatori pastorali, fratelli e sorelle della Chiesa di Dio che è in Ariano Irpino-Lacedonia, vi giunga il mio cordiale saluto e la mia paterna benedizione! Attraverso questa lettera, desidero invitarvi a partecipare ai lavori del prossimo convegno ecclesiale diocesano – in Cattedrale – dal 31 agosto al 3 settembre. Sarà l’occasione per ritrovarci per considerare con lo sguardo di fede, in quale direzione va la pastorale della nostra Chiesa particolare. Mi sembra questo un atteggiamento sapiente e prudente per vivere, con entusiasmo e creatività, lo svolgimento dei lavori del convegno. Appare quanto mai necessario riprendere, con più consapevolezza e senso di responsabilità, il cammino dell’iniziazione cristiana, intrapreso da tempo nella nostra diocesi. Un momento di verifica diventa ineludibile e, al contempo, utile per inserirei nell’orizzonte pastorale che Papa Francesco auspica per la Chiesa. Dall’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, fino all’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris Laetitia, mi pare che il filo conduttore e lo zelo apostolico di Francesco sia la sua attenzione alla persona, nelle diverse forme di vocazione e relazione, che vanno dalla famiglia alla vita consacrata, insieme alle diverse forme laicali. In ogni caso, guardando la storia, stiamo assistendo ad una maggior attenzione verso l’uomo consapevoli – come ci ha ricordato papa Francesco al convegno ecclesiale di Firenze (2015) – che «Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo». Dal Concilio Vaticano II, la Chiesa va sottolineando il ruolo della persona nella costruzione di una comunità ecclesiale, la cui anima non sia l’efficienza organizzativa, ma piuttosto la trama complessa delle relazioni che nascono dalla comunione che ha la sua radice nella Trinità. È stata la prima volta che un Concilio ecumenico si è occupato non solo di materie tradizionalmente considerate come dottrinali, ma dell’uomo, delle sue gioie e delle sue speranze, delle sue tristezze e delle sue angosce, così come solennemente recita il proemio della Costituzione Gaudium et 1 83031 Ariano Irpino (Av) – Piazza Plebiscito, 13 – Tel. 0825871333 – e-mail: vescovo@diocesiarianolacedonia.it unitarietà di fondo. Non ci sono dimensioni più importanti e altre meno, in nessun caso si potrà assolutizzare una dimensione a scapito delle altre o mortificarne una a vantaggio delle altre .. Carissimi, è in questo nuovo orizzonte di senso, che dobbiamo continuare il cammino di evangelizzazione. È nel Concilio che troviamo la bussola per dirigere i nostri passi verso la sacralità dell’uomo e testimoniare la nostra opzione fondamentale per Cristo, e Cristo crocifisso (cf lCor 1,23). In tal senso si evita di cadere nella tentazione di professare una fede troppo spiritualizzata, disincarnata e perdere di vista il fratello che mi è accanto, che mi chiede di aiutarlo, di sostenerlo sotto il peso della sua croce, tutte quelle croci personali che sono l’amara eredità del peccato di Adamo e Eva. Non perdiamo mai di vista che Dio trova che l’uomo non è fatto per essere dal solo: è uomo veramente quando è in relazione. L’uomo ha bisogno dell’ alterità. Per questo Dio separa per unire, separa in vista dei una comunione e crea l’uomo e la donna. Da questa diversità l’uomo impara la relazionalità che lo umanizza quanto più cresce armonicamente inserito in questo flusso di relazioni terrestri che non possono essere estranee alla relazione con Dio. Adamo, dove sei? (Gn 3,9), è il grido di un padre-creatore il quale desidera mantenere la relazione con quel figlio che aveva disobbedito. La sua voce, lungi dall’ essere di condanna, già prefigura il padre misericordioso che attende il figlio prodigo sulla soglia, per riabbracciarlo, per riammetterlo alla comunione con Lui (cf Lc 15,11-32). Nella storia di Adamo e Eva si cela il dramma in cui ognuno di noi deve sapere riconoscersi, il cui testo «ha portata universale: vi è rappresentato il dramma dell’uomo, della storia, il dramma di ogni uomo, il mio dramma»:’. Infatti, ciascuno deve saper riconoscere la propria storia di peccato, di quel limite che, se affidato all’ amore misericordioso del padre può diventare nuova possibilità per riprendere il cammino di conversione. Se così non dovessimo riuscire a fare, questa vicenda «serve solo all’infernale gioco dello scaricamento della colpa su Adarnv’. senza riuscirne a vedere la presenza della promessa e la benedizione di Dio. L’uomo, in seguito al peccato, diventa incapace di guardarsi in volto l’uno con l’altro, inizia a vivere una opacità nel rapporto con Dio e con gli altri, tanto che si nasconde. Così come allora, anche oggi l’uomo è tentato di nascondersi e di sottrarsi alla relazione. È verso quest’uomo ferito e impaurito, che dobbiamo nutrire lo stesso sguardo di misericordia del padre sulla soglia, del samaritano che si ferma, del Signore di fronte alla morte dell’amico Lazzaro. Dobbiamo “toccare” con mano l’uomo ferito, ma ancor più necessario è coinvolgersi dal di dentro, poiché, ci ammonisce Sant’ Agostino, «toccare con il cuore: questo è credere-“. 3 E. BIANCHI. Adamo dove sei? Qìqajon. Magnano (Bi) 2017.199. 41hidem 5 AGOSTINO D’IpPONA. Sermone 229/L.2. 3 Ricorda Ireneo di Lione che il Signore «ricapitolando in se stesso tutto l’uomo, dal principio alla fine, ricapitolò anche la sua morte»>, per cui il giorno in cui Adamo è morto diventa il giorno in cui, in Cristo, è salvato. Nel momento in cui Adamo viene interpellato dal Signore non sa rispondere, non è ormai capace di collocarsi, di trovarsi nella posizione in cui Dio l’ha voluto, cioè nel giardino dell’Eden, ossia della relazione, e parafrasando potremmo dire che l’uomo non si trova più in Cristo e quindi nuova creatura (2Cor 5,17). La domanda: “Adamo dove sei?” è rivolta a ciascuno di noi: a noi di esaminarci se siamo in Cristo o se siamo schiavi dei nostri giudizi e della nostra miopia spirituale. «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero deu’uomo-‘. Questa affermazione introduce una categoria molto importante per capire come la Chiesa intende accostarsi all’uomo: l’uomo è mistero. Dunque, la Gaudium et spes parla dell’ uomo come un enigma, un mistero, al quale sembra non essere possibile dare risposte definitive attingendo solo alle risorse delle scienze e nemmeno a quelle delle stessa ragione umana. Ecco allora che Gesù Cristo è quell’immagine che Dio aveva in mente fin dalla creazione del mondo e che viene così presentata all’uomo come possibilità, come chiave per interpretare il proprio mistero. Parlare, perciò, dell’uomo come mistero vuol dire tante cose, ma significa sostanzialmente proclamare una convinzione solida e incrollabile: che l’uomo non sia assolutamente riducibile a nessuna delle sue dimensioni, considerata in maniera separata dalle altre, ma tutte viste nella loro unità e riferite a Cristo, poiché se l’uomo è un mistero, solo da un altro mistero, afferma il Concilio, quello del Verbo incarnato, può trovare luce, può essere letto, compreso e interpretato. Ma come non riconoscere, in queste parole, l’eco di Papa Francesco, che nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium ricorda che “Nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi” (EG 179). È nel volto dell’ altro che posso riscoprirmi uomo debole e ferito, bisognoso dell’ aiuto e di quella reciprocità che nasce dalla gratuità dell’ amore di Dio. Per riscoprire me stesso nell’ altro, devo nutrire un’intensa vita di preghiera che mi permetta di mettermi all’ascolto del Maestro che sussurra alla mia coscienza il bene da fare e il male da evitare (cf GS 16). In questo modo tutto quello che facciamo per l’uomo di oggi ferito dal peccato e bloccato da tante paure, non sarà sostenuto dalla pura filantropia, ma dalla vera carità, che sempre ci spinge ad aprirci al fratello. San Paolo ce lo ricorda molto bene: “Caritas Christi urget nos” (2Cor 5,14), l’amore di Cristo ci spinga verso l’uomo, verso tutti gli uomini. Auspico che il prossimo convegno diocesano possa essere un momento di riflessione critica e fruttuosa, guardando la persona nella sua integralità di fede, di desiderio di “cielo”, di relazione e imparando ad andare sempre incontro all’ altro, curando le sue ferite e sostenendolo nelle sue infermità. 6lRENEO DI LIONE. Contra Haereses V. 23.2. 7 CONC1LlO ECUMENICO VATICANO Il. «Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes», in Enchiridion Vaticanum l. Documenti ufficiali del Concilio Vaticano Il 1962-1965, Edizioni Dehoniane, Bologna 1976. 770-965 [1319-1644]. 4 Carissimi sacerdoti, mi rivolgo direttamente a voi ora. È dal cuore del Signore che nasce tutta la carità e la santità che possiamo dare e vivere. Non stanchiamoci dunque di vivere ed educare a vivere l’adorazione eucaristica nelle nostre comunità e di curare la bellezza della liturgia, «la quale è anche celebrazione dell’ attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi» (EG 24). Solo così riusciremo a fare l’esperienza dello Spirito, che ci fa sopportare «serenamente l’amara, deludente ed effimera realtà quotidiana sino alla fine, sorretti da una forza, la cui ultima sorgente non riusciamo a scoprire-“, L’esperienza dello Spirito non è solo di pochi eletti, ma si verifica anche là dove si conduce una vita normale, provata nelle numerose esperienze concrete che possiamo vivere: «Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia. Il Corpo di Cristo, spezzato nella sacra liturgia. si lascia ritrovare dalla carità condivisa nei volti e nelle persone dei fratelli e delle sorelle più deboli»,’ Con questo desiderio nel cuore, imploro su tutti voi la benedizione di Dio e invoco la materna presenza, con noi, di Maria Vergine Madre della Chiesa, perché possiamo rivivere una nuova Pentecoste nello spirito! ‘l< Sergio, vescovo

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