XXXVIII° Convegno Pastorale Diocesano: l’introduzione del Vescovo (Ariano I., 29 agosto 2019)

Facebook
Twitter
LinkedIn

L’assemblea diocesana è una sorta di “stati generali” della vita ecclesiale.
Il verbo che oggi ci siamo prefissi di declinare è Generare, stare sulle soglie della fede. L’esperienza ecclesiale impone una riflessione sulla “cifra” della pastorale, per “uscire” incontro al futuro, per una evangelizzazione che sia in chiave generativa perché «Un annuncio rinnovato offre ai credenti, anche ai tiepidi o non praticanti, una nuova gioia nella fede e una fecondità evangelizzatrice» (Evangelii Gaudium,11).
Vogliamo puntare su una “pastorale generativa”, una pastorale volta a Dio per parlare al mondo attraversando le soglie della fede nelle stagioni della vita. Perché la Chiesa è Madre quando genera nuovi figli, perchè “Tra la chiesa con le sue icone, i suoi lumi e i suoi incensi e la piazza col suo rumore non ci deve essere una porta sbarrata ma una soglia aperta, ove scorra il vento dello Spirito di Dio.” (Pavel Evdokimov).
Il Vescovo si prefigge di tenere compatta la comunità cristiana, ponendosi avanti per indicare la strada, stando in mezzo con una vicinanza semplice e misericordiosa, camminando dietro per aiutare coloro che rallentano, sostenendo tutti nel coltivare il sogno missionario di arrivare a tutti.
Alla Chiesa italiana Papa Francesco ha chiesto l’umiltà di saper riconoscere “l’azione del Signore nel mondo nella vita della gente”, una capacità di incontro e di dialogo.
Generare processi per concedere tempo e spazio agli altri, per favorire la costituzione di una comunità con cui portare avanti il cammino avviato di comunione.
Quando la vita giunge a una svolta (nascita, adolescenza, giovinezza, vocazione, fidanzamento, famiglia, lavoro, sofferenza e morte) la domanda di senso si accende e deve poter incontrare parole della fede che danno colore ai passaggi dell’esistenza.
Chiediamoci: «Cosa (il Signore) ha intenzione di fare di noi?»(Edith Stein).
La Chiesa deve lasciarsi rinnovare dal suo Signore, generando. In questo verso molte vanno lette le esperienze positive fatte in diocesi nella pastorale battesimale e nell’iniziazione cristiana: sono grato ai sacerdoti che si impegnano con dedizione nelle parrocchie nella complessità del momento.
Il Sinodo sui giovani e – anche il nostro convegno del 2018 “Abitare la città, abitare la Vita”- hanno messo in luce l’aspetto cruciale del discernimento dei processi dell’età giovanile in rapporto alla scelta della propria vocazione.
L’Esortazione di Papa Francesco Christus vivit (25 marzo 2019), ci offre piste perché ci si dedichi con passione a questa scelta preferenziale della pastorale.
Il nostro impegno è quello di accompagnare: essere una comunità fraterna. La questione decisiva è il cambiamento di prospettiva delle nostre parrocchie in un tempo di modernità liquida, riscoprendo la sua plasticità in rapporto agli altri soggetti ecclesiali e non.
In particolare, è essere attenti alle questioni cruciali. La prima specificità è quella del “cattolicesimo popolare” che riguarda la forma di chiesa “parrocchia” attenta – anche a quanto riguarda la religiosità popolare- a iscrivere la fede cristiana nella vita quotidiana.
L’altra questione impellente anche nelle nostre piccole comunità: è la cura del volto fraterno delle comunità che sia una “famiglia di famiglie” sapendo cogliere l’opportunità pastorale del sacramento del Battesimo.
L’attenzione alla famiglia, posta al centro dai due Sinodi del 2014 e del 2015 e con la pubblicazione di Amoris Laetitia, e il motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus” sulla riforma dei procedimenti di nullità del matrimonio, rimane una scelta ineludibile.
Non bastano i soli i corsi o percorsi matrimoniali, sono da attenzionare e seguire sempre più le famiglie “ferite” e “fallite” ipotizzando un vero “catecumenato” della famiglia. La comunità ecclesiale ne deve vivere la problematicità e la risorsa al fine di umanizzare il tessuto delle comunità stessa.
C’è bisogno di comunità inclusive delle famiglie e di famiglie aperte alla comunità cristiana.
– Importante è integrare: vivere la carità, l’opzione preferenziale per i poveri, nelle varie forme con cui essi oggi bussano alle nostre porte e accanto la questione delle meticciato culturale. Si tratta di vivere una carità che ha quale orizzonte non solo la risposta ai bisogni ma la cura della dignità delle persone (solitudini).
Papa Francesco ci invita a ripensare il “servizio ai poveri” individuando le forme più complesse e insidiose della povertà, che attanagliano le famiglie e i giovani. Sono, difatti, il prodotto del nostro contesto sociale.
Penso alle dipendenze da droghe e dal gioco, dall’alcool, le forme sottili di depressione e alla scuola, vi è una condizione preoccupante del pianeta NEET (Not in Education, Employement or Training), minori, alle situazioni di frammentazione e di disagio della famiglia. La pastorale della carità riveste un ruolo strategico fondamentale.
La cultura contemporanea, non dà risposte a queste sfide, cerca di nasconderle con l’ebbrezza del consumismo, dell’edonismo, del piacere. In tal modo si nega il significato profondo della debolezza e della vulnerabilità umane e se ne ignora sia il peso di sofferenza, sia il valore e la dignità e questo rende interiormente aridi e induce a vivere in modo superficiale. Ma, il cristiano deve poter affermare “…se io sono qui, è per condividere accanto a (te) anche il dolore…” (Euripide).
“La Chiesa non sta lí dove vengono meno le capacità umane, ai limiti, ma sta al centro del villaggio”(Dietrich Bonhoeffer). “So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,13b-14).
In queste parole è racchiusa l’esperienza di una conversione personale, imprescindibile per avviare la conversione pastorale e comunitaria.
Cerchiamo di fare una pastorale oggi pensando al domani per generare nuovi dinamismi nella vita ecclesiale.
L’amore di Cristo ci spinge (Cf 2Cor 5,14) su nuove strade da evangelizzare. Non possiamo pensare di proporre interventi frettolosi sull’offerta formativa catechetica-sacramentale, ma va dato un nuovo slancio senza mai intaccare i contenuti della Fede.
Vanno intensificate collaborazioni tra parrocchie, un discernimento obbligato in comunità che vivono una diaspora di giovani, un calo demografico ed in una globalizzazione che istilla un pensiero unico e a volte antievangelico.
Siamo una generazione di discepoli/missionari impegnata in una attenta lettura dei segni dei tempi, che deve saper coniugare la circolarità di Parola-Annuncio, Liturgia e Carità, al centro della quale la famiglia che, – malgrado le sue fragilità – deve essere protagonista dell’azione educativa anche pastorale.
Vorremo, insomma, che i percorsi di accoglienza, di predicazione e catechesi ai “nuovi venuti” sapessero stare sulle soglie della loro vita per condurli nella libertà all’esperienza vitale dell’incontro con il Signore.
Ringrazio voi sacerdoti, diaconi, religiosi e laici per la preziosa e contributiva presenza ai lavori e i relatori che ci accompagnano ndella riflessione. Questa sera ascoltiamo la relazione don Luigi Maria Epicoco che ringrazio per quanto vorrà condividere con noi su: «Educarsi e rieducare alla fede. Una sfida per la generazione del terzo millennio».
Buon convegno a tutti!

+Sergio Melillo, vescovo

Diocesi <br>Ariano Irpino - Lacedonia

Diocesi
Ariano Irpino - Lacedonia